1 apr 2011

E' tempo di fave

La sua comparsa sui banchi del mercato coincide con l'arrivo della primavera, e la sua vetrina principale consiste in quella tradizione romana che la vuole al fianco del pecorino nella giornata della Festa dei lavoratori, il primo giorno di maggio, nei pic-nic e nelle gite fuori porta.

Ma non mancano certo i riferimenti storici, il più curioso dei quali riporta all'idiosincrasia della Scuola pitagorica per le fave, e addirittura ad una leggenda sulla morte dello stesso Pitagora, che in fuga dagli uomini al servizio di Cilone di Crotone, preferì farsi raggiungere ed uccidere piuttosto che mettersi in salvo attraverso un campo di fave. Si pensa a questo proposito che Pitagora fosse affetto da favismo, una malattia genetica, ereditaria, dovuta alla mancanza dell'enzima G6PD (glucosio-6-fosfato deidrogenasi), secondo studi medici diffusa nella zona del crotonese. Un'altra teoria, supportata dalle credenze che volevano i semi delle fave legati al mondo dei morti, o comunque a tutto quanto ci fosse di immondo, vuole invece che la sua avversione alle fave fosse tutta filosofica.

Tenendo da parte gli ovvi effetti indesiderati per i soggetti affetti da favismo, le fave hanno proprietà benefiche per l'organismo, per il loro alto contenuto di proteine, di ferro e sali minerali, e per la particolarità di contenere Levodopa, un precursore della dopamina capace di provocare effetti benefici per il cervello e di contrastare la stanchezza, in particolare quella psichica.

In cucina, già i romani le consumavano sotto forma di puls fabata, ovvero una polenta di frumento che veniva arricchita con fave, e Apicio le consigliava "cotte con garum, olio, coriandolo fresco, cumino e porro affettato", oppure fritte, senza dimenticarsi dell'immancabile garum. In tutti e due i casi Apicio si riferisce alle fave fresche, da cuocere con tutto il baccello. Pellegrino Artusi ci ha invece lasciato la ricetta delle Fave fresche in stufa, in cui le fave, cotte in padella nell'olio con cipolla e prosciutto a dadini, incontrano la lattuga e finiscono la loro cottura nel brodo. Oggi, in particolare in Sicilia, si prepara ancora il Macco, una crema di fave alla quale viene anche qui aggiunta una verdura, il più delle volte delle bietole.

Un consiglio per chiudere. Nella scelta dei baccelli al mercato, oltre a controllare che essi siano sodi e croccanti, provate ad assicurarvi un baccello che contenga sette semi. Secondo una credenza popolare, infatti, pare che un baccello a sette semi sia latore di una grande fortuna per il suo scopritore.
(a cura di Nexta)
Francesco Benincasa

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