19 feb 2011

I dolci di Carnevale

Che si chiamino chiacchiere, bugie, grostoli, frappe, sfrappole o cenci, a seconda del luogo, sono comunque loro il dolce per eccellenza del Carnevale, con una preparazione che spesso differisce da regione a regione solamente per la tradizione di aggiungervi o meno una punta di liquore, o qualche altro ingrediente come il miele o il cioccolato. Per tutte, come per buona parte dei dolci tipici della stagione delle maschere, la frittura sembra essere un obbligo irrinunciabile, così come lo zucchero a velo, probabilmente a memoria di quando "il miele che non ha bisogno di api" non faceva bella mostra di sé in ogni zuccheriera domestica ma era un alimento riservato solamente al lusso delle tavole dei signori.

Ma, prima delle costrizioni della Quaresima, sono molti i dolci della tradizione ad allietare il periodo del Carnevale. Se infatti nel napoletano si ripropongono anche dolci che appartengono alla tradizione natalizia, come gli Struffoli, piccole palline di pasta frolla che vengono fritte e ricoperte da confetti colorati (detti Diavolilli), o le immancabili Zeppole (che in Sardegna si chiamano Cattas), le quali comunque accompagnano la voglia di dolce lungo tutto l'arco dell'anno, un po' in tutto il centro Italia la tradizione delle palline fritte va a braccetto con le celebrazioni festose di questo periodo. In Abruzzo, Lazio, Marche, Molise la chiamano Cicerchiata, forse anche per quella forma che ricorda le cicerchie, legume dall'antica tradizione il cui consumo sta conoscendo un progressivo declino.

Nel Lazio, ma anche in Romagna o in Friuli, è poi d'uso preparare, sempre naturalmente mediante frittura, le Castagnole, anche qui palline di pasta, che dopo aver conosciuto l'olio bollente sono pronte ad essere tuffate nello zucchero a velo, prima di essere consumate ben calde, e in cui il liquore previsto nella ricetta può essere sostituito, nelle preparazioni domestiche, con il latte, qualora ci fossero dei bambini da accontentare. Farcite o meno con la crema, assumono nomi differenti a seconda della regione in cui sono preparate: dai Tortelli della Lombardia alle Frìtole del veneziano, con piccole varianti rispetto alla ricetta base.

Tipico di Carnevale in molte zone del Sud Italia, ma in particolare in Basilicata, è poi il Tarallo al naspro, ciambellina di pasta aromatizzata all'anice, rivestita di una glassa al profumo di limone, che ha anch'esso la particolarità di aver travalicato il periodo del Carnevale per essere proposto un po' lungo tutto l'arco dell'anno. E se è vero che il termine Carnevale deriva dal latino "carnem levare", ad indicare quindi la tradizione di celebrare l'ultimo glorioso banchetto a base di carne prima del rigido periodo della Quaresima, appare chiaro come non sia il momento di andare troppo per il sottile davanti a cotanti dolciumi e pasta fritta. Il consiglio è dunque quello di allietare il palato con queste prelibatezze, e di pensare al grasso soltanto dopo l'ultimo martedì del Carnevale. Quello "grasso", per l'appunto.http://www3.lastampa.it/

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